Art in Motion

 

La cooperativa Cave Heritage, Arte Cultura e Turismo in collaborazione con L’Associazione La Fenice di Matera (www.danzamovimento.it), in occasione della chiusura de Le Grandi Mostre nei Sassi  2014 “Scultura Lucana Contemporanea. 1959-2014”, organizza un Laboratorio di “Art in Motion”.

La mostra di quest’anno, curata da Beatrice Buscaroli e giunta alla sua 27esima edizione grazie all’impegno costante del Circolo culturale La Scaletta, ha visto protagoniste le opere di tredici scultori lucani allestite nel complesso rupestre  “Madonna delle Virtù e S. Nicola dei Greci” a Matera – Sasso Barisano.

Il laboratorio sarà condotto da Palma Domenichiello, direttore artistico dell’Associazione La Fenice, all’interno del complesso rupestre a stretto contatto con gli ambienti scavati in roccia e le sculture ivi allestite ed avrà la durata di tre giorni.

La performance conclusiva del laboratorio si terrà sabato 18 ottobre, giorno di chiusura della mostra.

Il laboratorio è aperto a tutti coloro che vogliono coinvolgersi e sperimentarsi in un breve percorso di movimento creativo, aspiranti professionisti e/o semplici appassionati dai 15 anni di età in su.

Il corpo, attraverso il movimento, incontrerà alcune delle opere esposte nel complesso rupestre nel rispetto dei principi di energia e spazialità.

Un’esperienza singolare in un luogo unico in cui è difficile comprendere la separazione tra la natura e l’arte ed è faticoso identificarne il confine.

Un  momento irripetibile per percepire se stessi attraverso il movimento, un incontro insolito con il paesaggio roccioso di uno dei complessi rupestri più suggestivi dei Sassi di Matera.

Per partecipare al laboratorio è gradita la prenotazione entro e non oltre il 30 settembre 2014.

Al termine, verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

Per info e prenotazioni: Coop. Cave Heritage  -  tel. 377.4448885   –  info@caveheritage.it

 

 

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NIK


 Nik

SEMINARIO DI TECNICA NIKOLAIS: IL PENSIERO DEL GESTO

EVENTO SPETTACOLO: NIK - Lecture demonstration su Alwin Nikolais

di e con Simona Bucci

Il progetto Nik, realizzato dall’AComune di Materassociazione La Fenice con il sostegno del Comune di Matera, ha consentito di portare in questa città un nome importante nel campo della danza contemporanea quale quello di Simona Bucci, che ha dimostrato un grande apprezzamento per la bellezza e l’unicità dei luoghi, apprezzamento espresso da persona avvezza a girare il mondo e che si farà testimone nel mondo di questa esperienza.

L’evento, abbastanza articolato, che prevedeva un workshop intensivo di due giorni ed un seminario-spettacolo finale, ha superato le aspettative.

Il workshop ha sicuramente rappresentato un momento di crescita personale e professionale per quanti vi hanno partecipato, dando l’opportunità di assistere ad insegnamenti di grande valore sia per il metodo che per i contenuti e attivando momenti di scambio e confronto sui temi della danza e dell’arte in generale.

Quanto realizzato, non è che il primo passo di  un progetto più ambizioso che si pone come obiettivo generale di promuovere la conoscenza e la fruizione dei luoghi della cultura, favorendo scambi culturali, collaborazioni artistiche e momenti di riflessione e formazione attraverso la creazione e il consolidamento di una rete tra i soggetti attuatori, costituita dai numerosi  partner, isituzionali e non, che hanno ritenuto di aderire al progetto, confermandone la validità.

 

NIk
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STRUMENTI CREATIVI IN PSICOTERAPIA E NEL LAVORO EDUCATIVO

STUMENTI CREATIVI IN PSICOTERAPIA E NEL LAVORO EDUCATIVO

Joan Mirò: Blu I, Blu II, Blu III

Palma Domenichiello - Carmen Greco

1. Il lavoro clinico con strumenti creativi

Dalla ferita alla cicatrice: percorsi di cura per affrontare il dolore

“…dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori…” Via del Campo (Fabrizio De Andrè)

“… ma da queste ferite nasceranno farfalle libere” (Alda Merini)

La nostra vita è compresa tra due traumi irreversibili: la separazione dall’utero materno (nascita) e la separazione dalla vita terrena (morte). A questi eventi si aggiungono, nel corso dell’esistenza, altre ferite che lasciano tracce più o meno profonde a seconda della nostra resilienza. Sebbene sia nota nella nostra società l’esistenza di un tabù rispetto alle esperienze di malattia, morte, lutti e traumi di diversa natura, non possiamo evitare di farci i conti. Nella pratica clinica le persone spesso parlano delle loro “ferite” e del desiderio di guarigione. “La cura”, chespesso si traduce in auto-cura, può passare attraverso percorsi non solo narrativi ma anche creativi.L’accelerazione dei tempi è inoltre influenzata dalla com- partecipazione del dolore con persone a noi care (valore della relazione affettiva). In effetti lo spazio del setting visualizza ed attiva la possibilità di condividere una sofferenza in uno spazio di ascolto protetto. A volte il dolore è così straziante che diviene inenarrabile. Il blocco del paziente paralizza qualsiasi possibilità efficace d’intervento. Si ha la sensazione di “girare a vuoto”, di perdere tempo senza mai arrivare al dunque. Ecco allora che l’utilizzo di percorsi analogici può contribuire a sbloccare il processo di intercettazione ed elaborazione della ferita. Le immagini esterne possono dialogare con le immagini del nostro mondo interno. In fin dei conti anche l’inconscio funziona per immagini. L’immagine di un dipinto che rappresenta, anche solo un segno rosso, come osserviamo nei dipinti di JoanMirò: Blu I, Blu II e Blu III, (Parigi, Centre Georges Pompidou) può farci riconnettere alle nostre ferite dell’anima.

Esempio di un setting creativo

Ispirandosi a questi quadri si può riprodurre nel setting il Blu II di Mirò (fig.1). Ponendo sul pavimento un tappeto blu, si invita il paziente a posizionare una striscia rossa di stoffa che rappresenta la sua ferita. Se lo ritiene necessario può evidenziare più ferite (utilizzando più stoffe di diversa lunghezza e spessore) a seconda dell’intensità e della durata del dolore provato. Le macchie nere rappresentano la distanza rispetto al dolore, sia quella del paziente sia quella delle persone a lui care. Il movimento dinamico delle macchie nere del dipinto Blu I (fig.2), rappresenta il processo attivo di guarigione dove, è soprattutto la condivisione ad aiutarci a cambiare prospettiva, alleggerendo e ridimensionando nel tempo l’intensità della ferita. Il rosso assimilabile al dolore ancora vivo lascia gradualmente spazio (senza mai tuttavia scomparire) alla linea grigia nel dipinto Blu III (fig.3), ovvero alla cicatrice, cioè al ricordo deprivato dell’intensità emotiva originaria. D’altra parte anche Daniel Pennac nella fiaba “Il giro del cielo”(1) aveva immaginato che sua figlia Camille, inseguito ad un’operazione di appendicite, avesse visto in sogno la sua cicatrice proiettata in un cielo blu, spazio simbolico di un dolore cosmico che può evocare una visione universale e spirituale della sofferenza. Questo è un esempio di come il linguaggio verbale e quello pittorico fondendosi in un dialogo sinergico possono aiutarci ad affrontare il dolore, attraverso il ben noto meccanismo proiettivo, ovvero è il cielo aprovare dolore e non la persona coinvolta, tipico della narrazione fiabesca e quindi adatto a supportare anche i bambini che in tal modo possono affrontare la sofferenza con un maggiore sollievo. Grazie al nostro confronto e avendo Palma sperimentato, tempo prima, con gli stessi dipinti performances coreografiche ispirate alle stesse opere di Mirò, abbiamo pensato di ampliare ulteriormente le possibilità narrative, e quindi di visualizzare azioni di movimento, arricchite dalla musica. Il risultato non è più un “giro a vuoto”, ma una danza armonica corale per vincere la sofferenza e il dolore. In fin dei conti, anche il funerale, è un’azione di movimento corale, ovvero, l’elaborazione dinamica dell’immagine statica del defunto. Nella ritualità del funerale c’è il passaggio verso una vita nuova, e dunque, la trasformazione del dolore e della sofferenza in un’azione di speranza. Il dialogo con il defunto assume una diversa connotazione, dovuta alla presenza spirituale costante pur nell’assenza fisica della persona. Ciò significa che la relazione non muore mai, ma è un processo comunicativo sempre attivo e che risveglia il desiderio di eterno. Tale desiderio viene ritualizzato in forme di bellezza che trascendono il timore del passaggio e lo convertono in un naturale proseguire ed andare oltre: la paura viene esorcizzata dalla celebrazione della bellezza, che diviene esaltazione della vita. Anni dopo abbiamo portato le nostre esperienze al Convegno “Il desiderio di eterno: la festa della creatività”   svoltosi il 7 luglio 2017 presso il Castello di Melfi, dove sono custoditi i corredi funerari che raccontano quanto sia importate per l’uomo credere nell’aldilà. Con il nostro intervento ispirandoci al dipinto Blu II e al racconto “Il giro del cielo”, introdotto dalla voce di Maddalena Colangelo, abbiamo giocato con gli elementi visivi del dipinto, creando dinamiche di movimento, arricchite dalla musica dal vivo. L’obiettivo di questa azione performativa era quello di superare l’elaborazione individuale della sofferenza per arrivare ad un’azione corale condivisa.

(1)           Joan Mirò - Daniel Pennac - Il giro del cielo -1997 Salani Editore

2.L’Arte come strumento per agevolare l’apprendimento

L’arte è uno strumento estremamente plastico e tale da veicolare significati diversi. Gli stessi dipinti possono essere, infatti, utilizzati per rappresentare eventi con significati, opposti. Come riferiva Vasilij Kandinskij – nello “Lo spirituale nell’arte”(2)    …..”La forma, anche se è completamente astratta e assomiglia a una figura geometrica, ha un suono interiore: è un essere spirituale che ha le qualità di quella figura.” … È chiaro però che, se una forma è inadatta a un colore, non siamo di fronte a una «disarmonia», ma a una nuova possibilità, cioè a una nuova armonia.” Gli stessi dipinti di Mirò sono stati utilizzati per evocare la diade opposta morte-vita. Nelle osservazioni precedenti abbiamo fatto riferimento all’elaborazione del lutto (morte), ma gli stessi dipinti sono stati poi utilizzati per riferirci ad eventi estremamente vitali (apprendimento, gioco, danza). Lo strumento creativo può intercettare anche uno dei bisogni fondamentali dell’uomo, il gioco. L’Attività ludica, spazio e tempo esistenziale del piacere e non del dovere, si colloca in una dimensione vitale, e dunque progettuale dell’uomo. Il gioco è una dimensione privilegiata, nella quale abbassandosi il livello di ansia (poiché non c’è giudizio), si favorisce il processo di apprendimento. Se il gioco avviene all’interno di una relazione affettiva ed educativa non interferita, si creano le basi solide per costruire spazi sociali idonei ad agevolare apprendimenti dinamici e sinergici. La danza, la musica e le arti in genere costituiscono esperienze creative fortemente vitali, antidoti alle angosce di morte  e ai blocchi emotivi. Le opere d’arte possono essere utilizzate come strumenti per accompagnare percorsi di crescita. Nel lavoro educativo e didattico, facendo dialogare i corpi con le opere di: Mirò, Fontana, Kandinskij, Mondrian, Matisse, Picasso, Magritte etc …si può viaggiare tra i colori, le immagini e i segni. I corpi, vivono e riproducono, allo stesso tempo il dipinto, una trasposizione dallo spazio-opera allo spazio-scenico. Tutto ciò costituisce un esempio di come l’arte può diventare anche il motore e il fulcro dell’educazione, abbattendo barriere e resistenze presenti soprattutto negli adulti. Lavorare in gruppo anche in un’azione performativa, attiva il senso della collaborazione, la sinergia armonica delle risorse specifiche e il superamento delle difficoltà legate alla chiusura e all’incapacità di esprimersi. Tutto ciò rappresenta uno straordinario lavoro di prevenzione e di integrazione.

3. Il gioco guidato – Indicazioni per un lavoro esperenziale

Attraverso il movimento si possono individuare i limiti e i punti di forza di un individuo e/o di un gruppo, perpoter poi sviluppare un’idea di gioco adeguata alle varie esigenze e caratteristiche dei gruppi.

(2)    Vasilij Kandinskij – Lo spirituale nell’arte – 1989 e 2005 - SE srl Milano

Il gioco guidato consapevolmente dell’educatore, dotato di strumenti, può contribuire ad evidenziare e nello stesso tempo, a riparare, le aree fragili dell’identità. All’interno del gioco, dalla semplice osservazione di una fila di bambini di 5 anni può emergere:

-   il bambino che evita la fila forse ha paura di esporsi, ha scarsa autostima e/o manifesta compromissione della capacità di attenzione e di ascolto; può avere difficoltà ad interiorizzare le indicazioni dell’adulto;

-  il bambino che è irrequieto e non riesce a stare in fila può segnalare asia;

-      il bambino che impone le regole del gioco e spesso si sostituisce all’adulto, delegittimandolo della sua autorità, presenta tratti narcisisti, vuole essere costantemente riconosciuto e confermato nel suo valore;

-   il bambino che vuole avere l’esclusiva, facendo fuori il resto del gruppo, è un bambino competitivo che ha difficoltà a relazionarsi e a collaborare.

Lo spazio e il tempo rappresentano la cornice all’interno della quale si sviluppa la relazione.

 

BLU II - lo spazio organizzato: la fila

(fig 1) Mirò -Blu II - 1961

Acquisire sin da piccoli il rispetto del tempo e dello spazio altrui ci permette di diventare adulti con delle buone abitudini, es. rispettare le file ai musei, agli uffici postali, non sovrapporsi quando parla qualcun ’altro….ecc.)

Obiettivi: educare all’attenzione, sviluppare l’orientamento spaziale, saper rispettare il turno di gioco,accrescere autonomia e creatività

Età: 3/5 anni

Condizione: al centro di un’attività di gruppo

Durata: 5 -10 minuti

Materiale: stoffa rossa e cartone (punti neri)*

Struttura: In gruppo

Attività: l’educatore suggerisce ai bambini, posizionati in fila dietro i punti neri, diversi modi di muoversi persuperare i punti e arrivare alla stoffa rossa e superarla.

1- girare attorno ai punti (slalom)

2- a gambe divaricate superare i punti avanzando prima in avanti, successivamente, girandosi di spalle anche indietro

3- camminare piano in avanti sui punti neri senza spostarli

Dopo aver eseguito le tre varianti, i bambini tornano in fila per procedere nel gioco con altre idee per superare il percorso.

Possibili sviluppi: potreste scegliere una musica per accompagnare il gioco, suggerire varie velocità per procedere a turno nel percorso o fare avanzare i bambini in coppia e lasciare a loro un modo originale e autonomo di procedere nel percorso.

I punti neri possono essere preparati con i bambini dopo la lettura della fiaba “il giro del cielo”, utilizzando del cartoncino nero o del cartone più spesso,(disegnare, ritagliare e colorare liberamente) (fig.2)


BLU I – caos rispettoso (atto creativo)

(fig. 2) Mirò - Blu I -1961

Caos rispettoso, dove ogni componente è individuabile e non si sovrappone. Oggetto del gioco è una palla rossa che rappresenta la ferita. La palla favorisce la relazione e la comunicazione tra i ragazzi componenti del gruppo (punti neri) che, insieme, la useranno per giocare. Il significato si ribalta e la prospettiva cambia. La sottile linea centrale (grigia), che può essere segnata con del nastro o con una corda, simula una rete come nel tennis, e divide lo spazio circostante in due parti. Il gruppo deve giocare con la palla cercando di non fermarla, lanciandola nello spazio avversario.

Obiettivi: consapevolezza corporea, migliorare le capacità di movimento, ridurre l’impulsività e l’aggressivitàrispettando il proprio spazio e il turno di gioco.

Età: 6/12 anni

Condizione: al centro di un’attività di gruppo

Durata:10 minuti

Materiale: palla di spugna, di carta o di stoffa morbida e corda o fettuccia di stoffa per delimitare lo spazio

Struttura: In gruppo

Attività: l’educatore o chi conduce, dopo aver delimitato lo spazio con la corda, chiede a tutti i partecipanti di formare due gruppi es. A e B (i componenti possono variare a seconda delle necessità ma partendo da un minimo di 4 componenti per gruppo).

Regole del gioco Blu I

1  - Ogni giocatore si posiziona in un settore del campo liberamente

2  - Tutti i componenti hanno la facoltà di lanciare la palla nel campo avversario, il giocatore che lancia deve posizionarsi lontano e dietro tutti gli altri compagni, può lanciare solo a due mani, gettando la palla sopra il proprio capo

3  - Ogni squadra NON può effettuare passaggi, colui che la riceve, la deve immediatamente rilanciare nell’altro campo 4 - La palla può esseretrattenuta solo per 3 secondi e solo da un componente del gruppo

5  - Appena la palla viene lanciata nel campo opposto, i giocatori devono eseguire una rotazione dei posti in senso orario (giro in senso orario)

6  - Palla doppia: la palla se sfugge di mano può essere ripresa esclusivamente dalla persona che l’ha persa

7  - inizio del gioco: La palla è posizionata al centro della corda e il gruppo che per primo la prende, al via del conduttore, dà inizio al gioco

8  - Punteggio: il punto viene guadagnato ogni volta che la palla cade a terra nel campo avversario

9  - Vince la squadra che per prima arriva a 15 punti con uno scarto di 2 sull’avversaria; qualora non ci sia lo scarto si arriva ad un massimo di 20 punti

Penalità: ogni fallo commesso è un punto alla squadra avversaria

Falli:

1  - palla fuori campo

2  - Palla presa a 4 mani

3  - Superare la zona del proprio settore

Varianti: La corda può essere utilizzata anche da sola per attivare altri giochi

1 – Gioco dei livelli. I ragazzi possono eseguire tanti giochi per migliorare le capacità di destrezza. Nel gioco la corda può essere alzata o abbassata. Cambiando livello spaziale, i ragazzi    possono     passarci     sopra,     sotto,     strisciare,     rotolare, saltare     etc.

2 - Tiro alla corda. La corda può essere utilizzata per misurare la forza del gruppo.

 

BLU III - consapevolezza ed elaborazione dell’esperienza vissuta

(fig.3) Mirò - Blu III - 1961

Con il ritorno al sé, il soggetto è più centrato, più ricco di esperienze e più consapevole, pronto per nuove esperienze e nuovi movimenti. Occorre ricordare che, attraverso il movimento si esplora

il propriocorpo e si riconoscono i limiti e le risorse, inoltre, nell’espansione spaziale si acquisiscono

nuoveconoscenze e si ristrutturano gli schemi pregressi. Tutto ciò accade sempre ed inevitabilmente per tutta la vita e rappresenta il processo di apprendimento.

Creare una danza

Punto rosso (ferita): danzatore 1

Punto nero: danzatore 2

I punti possono essere anche rappresentati da più danzatori.

Come guidare la creazione di una danza

Con il termine “improvvisazione motoria”(3) classifichiamo quei movimenti, rari e originali, creati senza preparazione e studio. Questi movimenti possono essere generati da:

a)    sensazioni legate al proprio vissuto corporeo; per esempio, quelle dovute ai cambiamenti che avvengono nel nostro corpo (perdita e recupero dell’equilibrio, caduta del peso del corpo sul posto, impulso a correre, salti, movimenti circolari, aperture-chiusure, etc…);

b)    evocazioni di cose, ricordi, storie, fatti, immagini o eventi; per esempio, tutte quelle generate dall’ambiente esterno (mare calmo o agitato, volo di uccelli, impossibili tentativi di fuga ecc…) o dal proprio mondo interiore (ricordi).

(2)           AA.VV. A cura di Patrizia Buzzoni e Ida Maria Tosto Gesto, Musica e Danza – EDT –Torino -1988

Il percorso creativo o l’improvvisazione motoria, potrebbe cominciare con o senza l’ausilio della musica:

Senza la musica; l’insegnante accompagna il gruppo o il danzatore alla ricerca di vissuti o eventi, raccontando una storia. Sono importanti in principio, il contatto con il suolo e la respirazione, successivamente la percezione dello spazio, l’equilibrio e l’orientamento. I piedi nudi permettono un buon appoggio e una migliore percezione dei movimenti, quindi una più sicura stabilità e improvvisazione motoria.

Con la musica; il percorso incomincia più liberamente con l’ascolto di un brano musicale (sul quale non viene data alcuna informazione). Al gruppo o al danzatore viene richiesto l’ascolto delle proprie percezioni corporee e l’interpretazione del brano musicale. Solo al termine dell’improvvisazione motoria si discute sulle impressioni emerse, su quello che la musica ha richiamato e su come è stato diversamente interpretato da ciascuno. Si noteranno, inoltre, dopo questa attenta analisi dei movimenti generati, diversità dell’uso dello spazio, delle parti del proprio corpo e una comune organizzazione temporale. La musica favorisce una organizzazione sincrona. Successivamente si procederà con il dividere il gruppo; mentre una parte guarda, l’altra improvvisa e viceversa. Dopo aver osservato e raccolto nuove sensazioni, si procederà con lo cambio dei ruoli. Tutto ciò arricchirà, in maniera diretta, la fantasia motoria dei soggetti coinvolti. Solo successivamente, e se lo riterrà opportuno, l’educatore o il coreografo potrà cucire le improvvisazioni create dai partecipanti, per dare seguito ad una vera e propria composizione coreografia.

CONCLUSIONI

Le esperienze che abbiamo proposto offrono varie opportunità di sperimentazione corporea, artistica e ludico-educativa. È possibile così evidenziare la tangibilità di risorse espresse all’interno di attività riconducibili a significati esistenziali di natura opposta (vita-morte), abbracciando in tal senso la complessità dell’esistenza stessa. Lo “spazio” della condivisione con strumenti creativi diviene un luogo diverso e privilegiato, poiché abitato da relazioni vissute non solo con la parola ma con più sistemi rappresentazionali. Anche il “tempo” ha un significato e viene utilizzato per facilitare l’auto consapevolezza e l’elaborazione in forma creativa dei propri vissuti emotivi. Favorire la creatività significa perciò evidenziare un concetto olistico di formazione. C’è un’opera di Paul Klee dal titolo “Ha testa, mano, piede, cuore” (fig 4), che rappresenta simbolicamente il rischio di un’educazione e formazione settoriale, dove la persona non riesce ad integrare in se stessa le varie dimensioni, ovvero quella psichica, sociale, affettiva e corporea

(fig.4) Klee -Ha testa, mano, piede, cuore-1930

Se non si vuole continuare a formare una persona divisa, che vive a settori e che rispecchia simbolicamente il rischio di un’educazione e formazione settoriale, è fondamentale improntare e favorire un processo formativo nel quale si tiene conto di una crescita unitaria, armoniosa e globale. Il processo artistico si fonda sul concetto di arte come libertà e come atto liberatorio di pulsionipsichiche e di emozioni che vengono trans-formate nel fare creativo. L’arte è la testimonianza di sé, del proprio modo più profondo di essere, quindi una dichiarazione di autenticità intesa come rinvio veritiero al proprio essere autore.

 

 

 

 

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DANZA A DISTANZA MA VICINI NELLA STANZA

DANZA A DISTANZA MA VICI NELLA STANZA

La DANZA dell’ANIMA

Carmen Greco - Palma Domenichiello

In questo periodo di lock-down la creatività ha percorso strade inesplorate: limiti imposti dalla pandemia sono diventati delle occasioni per favorire percorsi più intimi all’interno delle proprie mura domestiche. La socializzazione si è spesso trasformata in un’esperienza di condivisione consapevole. È con queste premesse che è nato il progetto: “danza a distanza ma vicini nella stanza”. L’esperienza, condotta nei mesi di aprile e maggio 2020 in uno spazio virtuale, da Palma Domenichiello, Annalisa Laterza e Carmen Greco, ha avuto una cadenza bisettimanale e ha coinvolto in media 5-6 coppie madre figlie, in età compresa tra i 5 e i 9 anni.

Ogni incontro della durata di 40 minuti ciascuno, è stato cosi articolato:

-       Breve presentazione delle coppie presenti (5 m circa)

-       Svuotamento mente-corpo per ampliare le capacità ricettive della persona (20 m)

Ascolto corporeo in posizione di decubito supino. Attraverso le proposte di registrazione consapevole del proprio respiro e di rilassamento corporeo, è possibile attivare un più ampio ascolto, dove tutte le dimensioni della persona sono state coinvolte. La proposta è avvenuta all’interno della diade madre e figlia, i tempi e le modalità hanno subito variazioni a seconda della relazione emotiva della coppia. A volte si sono registrate alcune resistenze, ad esempio qualche mamma ha “agito” la difficoltà della figlia, allontanandosi dalla proposta operativa. Altre volte la proposta si è articolata in maniera più spontanea. Sono emerse emozioni come: giudizio, inadeguatezza, competizione, rabbia, ansia, vergogna, paura, svalutazione. Il poterle nominare, ha alleggerito il carico emotivo ed ha permesso una fruizione più serena dell’esperienza. Premettiamo che l’attivazione corporea può favorisce l’emersione di emozioni scomode censurate, liberando cosi corpo e mente per permettere poi una migliore assimilazione dell’agire. Del resto anche i filosofi peripatetici utilizzavano il movimento (ovvero, la camminata in diverse direzioni nello spazio ) per favorire l’apprendimento. Anche fisiologicamente il corpo funziona così: il corpo per poter introiettare ed assimilare bene il nuovo cibo, ha bisogno di eliminare le scorie e alleggerirsi del sovraccarico (funzione dell’ apparato digerente). Apprendiamo meglio se siamo rilassati e se non stiamo in uno stato di sovraccarico.

-       Lettura di un racconto a turno tra le coppie partecipanti (10 m)

Sono stati scelti, prevalentemente racconti brevi e con un significato morale, racconti che potessero parlare di “trasformazione di emozioni”. Sono emerse: inadeguatezza, fragilità, competizione,egocentrismo, rabbia e prevaricazione, paura, ansia e svalutazione, ma anche la tenerezza, la vicinanza affettiva, la fiducia e la speranza. Ogni fiaba era sintonica con l’emozione caratterizzante ciascunabambina. Del resto i genitori avevano utilizzato precedentemente e consapevolmente la stessa fiaba con le proprie figlie per favorire un’azione educativa. Il racconto, letto dalle mamme o dalle bambine, una volta emersa la morale, ha favorito il dialogo a partire dalle proprie impressioni.

Questo laboratorio ha facilitato la dimensione della creatività, come possibile canale di espressione della propria emotività e come strumento di comunicazione poli dimensionale madre-figlia. La proposta della fiaba è intesa non solo come atto liberatorio di emozioni, ma come un possibile modo per presentare anche a chi ci sta vicino affettivamente, il proprio modo di essere autentico. Ognuno si è messo in gioco, sperimentandosi anche con i propri limiti e lasciando una traccia visibile dellapropria identità. Al termine dell’esperienza abbiamo raccolto i vissuti di ognuno. Ciò che comunque è stato evidenziato è la commozione e il piacere di aver vissuto momenti di vicinanza affettiva e di ascolto privo di interferenze esterne. La resistenza iniziale, concedendosi il tempo necessario, è stata superata grazie ai continui rimandi sulla fiducia nelle proprie risorse e nell’alleanza genitoriale. Il movimento non è stato la danza fine a se stessa, ma una “danza dell’anima” che ci riporta alle radici.

Frida Kahlo -  Radici, 1943

Alla fine c’è stata soddisfazione, rilevando unicità delle coppie che si sono messe in gioco in virtù di un legame affettivo madre-figlia profondo ed unico. Lo stile con cui noi abbiamo voluto incontrare i genitori non è quello del giudizio ma quello di una ricerca compartecipe. Attraverso questo laboratorio è avvenuto un dialogo tra saperi a più livelli: il corporeo, il logico-razionale, l’analogico, l’affettivo, ma sempre a partire dalle esperienze che ogni diade a messo in gioco.

Il dato che ci sembra importante è l’avere fiducia nella propria capacità di amare, come riferimento primario per la costruzione di qualsiasi apprendimento.

 

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DIALOGHI POSSIBILI

DIALOGHI POSSIBILI
Collaborazioni sinergiche tra Professionalità e Arti

Carmen Greco – Palma Domenichiello

La collaborazione tra diverse professionalità è efficace se è il risultato di un dialogo fatto di un reciproco rispetto, dove le specifiche personalità non vengono né soffocate né troppo evidenziate. Il lavoro diventa una “danza equilibrata” dove gli utenti sono i protagonisti dell’azione.
Premettiamo che ogni azione si svolge all’interno di uno spazio, la cornice dove gli individui si esprimono da soli o creando connessioni e/o conflitti. Questa considerazione è applicabile sia agli utenti sia ai professionisti. Perché la collaborazione avvenga in connessione, è fondamentale che le persone che conducono siano solide, in modo da non agire le induzioni emotive, riferite al contesto operativo (scuola, agenzie educative, sportive, ludiche, ecc.). Spesso in un intervento educativo e/o terapeutico assistiamo a dinamiche emotive-competitive che, solo se si è risolti nell’identità, si è in grado di gestire e di riconoscere come appartenenti all’utenza. Teniamo conto che la competizione si attiva quando ci si sente minacciati e, nella competizione, non si riesce a dialogare perché ciascuno è concentrato su se stesso e sul “far fuori” l’altro. L’esclusione è un meccanismo di autodifesa che nasconde però la personalità ego-centrata e fragile di chi non regge il confronto con l’altro. Se però ci si imbatte in un “io” ego-sintonico al proprio, avviene un inevitabile scontro tra pari che impedisce (almeno in una fase iniziale) il dialogo proficuo e la condivisione di risorse.
La competizione è una fragilità dell’ “io”, la collaborazione invece è un ponte di fiducia e apertura verso l’altro; è mettere insieme le proprie risorse per creare qualcosa di nuovo.
Se riflettiamo, è quanto avviene originariamente all’interno di una coppia che s’impegna a mantenere costante il dialogo e a rimodularlo a secondo dei cambiamenti esistenziali (es. nascita di un figlio, lutto, malattie, ecc.) all’interno della rete familiare. Se c’è un buon funzionamento, il sistema evolve, al contrario un funzionamento conflittuale, mette in crisi il sistema.
Su questi fondamenti e riflessioni si è sviluppata la nostra collaborazione sia in ambito educativo, pedagogico che terapeutico.
Nel 2017, dopo la pubblicazione del libro “ Il ritorno del Monachicchio” (Edizioni Antezza) e, in seguito ad una sperimentazione laboratoriale presso l’Associazione La Fenice di Matera, abbiamo attivato un progetto in più scuole dell’infanzia rivolto ai bambini in età compresa tra i tre e i cinque anni. L’intervento si è svolto all’interno delle sezioni delle scuole aderenti al progetto, in compresenza delle insegnanti e dei bambini.
Dopo un momento di presentazione, che avveniva generalmente in cerchio, si procedeva alla lettura del racconto, accompagnato da momenti ludici di attivazione corporea.
L’efficacia dell’intervento era dato dall’interazione armonica tra racconto e attivazione ludico–corporea. L’alternanza tra racconto verbale e azione in movimento, scaturiva da un attento ascolto emotivo sia con le insegnanti sia con i bambini.
Premettiamo che, per l’efficacia di un progetto, è indispensabile una raccolta iniziale di dati che possono essere forniti solo da chi conosce e da chi lavora quotidianamente con i bambini o utenti. Sarebbe addirittura indispensabile un incontro preliminare anche con i genitori (gli unici che sono i testimoni fin dalla nascita della storia dei loro figli) ma per motivi prettamente logistici e tempistici, non sempre è possibile.
L’interazione tra più “attori” rende complesso e allo stesso tempo più ricco il risultato di qualsiasi progetto, anche se i tempi possono essere variabili poiché funzionali ai processi di elaborazione e di assestamento fra le parti coinvolte. Se riflettiamo tutto ciò avviene anche nei nostri processi psichici celebrali: se facciamo dialogare bene i nostri emisferi (emisfero destro preposto principalmente elle funzioni creative, non verbali, immaginative, ecc; ed emisfero sinistro preposto ad elaborazioni razionali, processi verbali e consapevoli), integrando in modo armonico le specificità, le nostre funzioni mentali si articolano meglio e producono risultati soddisfacenti, sia in campo clinico che relazionale.
Ad esempio, in campo clinico, le persone con d.o.c. o con attacchi di panico, hanno inibito alcune funzioni, esasperandone altre (eccessivo controllo razionale, inibizione di alcune emozioni e funzioni, traumi non elaborati, eccessivo di-stress).
Nelle collaborazioni si riproduce il funzionamento delle connessioni neuronali del cervello. La saggezza intrinseca nel nostro sistema cerebrale, consiste nel poter integrare le parti escluse e/o inibite, attraverso un processo di risanamento che spesso è correlato ad un percorso di auto-guarigione. Tutto ciò avviene se parte dalla consapevolezza di un disagio. Si innesca così un percorso di cambiamento che è attivato dalla persona stessa. Se la persona non riesce individualmente, chiede aiuto dapprima ai suoi famigliari ed amici, poi attraverso la psicoterapia e, in casi estremi, attraverso l’intervento psichiatrico e comunque sempre all’interno di una relazione. L’ultima istanza del “se” è il corpo che si ammala e che chiede aiuto quindi alla Medicina, bisogno estremo di cura, ovvero di attenzione. Per esteso anche nelle arti si assiste sempre a processi relazionali integrati, che aprono nuove possibilità di significati.
Nel volume di Francesca Pedroni sulla vita e il pensiero del maestro Alwin Nikolais (1910-1993), coreografo, compositore e pedagogo americano, comprendiamo come nel ’900 le arti cambiano; “in tutti i campi assistiamo ad una vera rivoluzione, la pittura diventa arte gestuale del colore, la scultura arte dello spazio tridimensionale, la musica viene esplorata come arte del suono, la danza comincia ad essere pensata come arte visuale del movimento”.
Se osserviamo la composizione dei colori su una tela l’armonia è data dalla sintesi degli accostamenti cromatici. E se a volte ”una forma è inadatta ad un colore non siamo di fronte ad una disarmonia, ma ad una nuova possibilità“( negli occhi di chi sa vederla).
Nella scultura la materia dialoga con lo spazio e acquisisce senso nella concretezza della tangibilità correlata a dei vuoti.
Nelle architetture ambiente e presenze umane favoriscono un continuo cambio di focalizzazioni in relazione alle assenze/presenze dei vari elementi coinvolti.
Nella letteratura la connessione tra testo scritto e fruitore consente di attivare legami oltre il tempo e spazio fruito nell’istante della lettura, facendoci cogliere per un attimo l’illusione dell’eternità.
Nel teatro il palcoscenico si connette con il teatro dell’anima degli spettatori: gli attori del palcoscenico, dialogano non solo tra di loro, ma anche con i nostri personaggi interiori, contribuendo ad attivare un processo trans-formativo all’interno delle nostre coscienze.
Nella fotografia si può risvegliare la cura del ricordo, contribuendo a personificare presenze anche nelle assenze fisiche. E’ questa una medicina preziosa per la nostra anima che diviene cosi capace di mantenere un dialogo attivo anche all’interno di eventi traumatici (lutti , separazioni, malattie….).
“Nella danza tutti i confini che l’umanità ha costruito nel corso della sua evoluzione si annullano. I confini tra corpo e anima, tra espressione libera dei sentimenti e finalità utilitarie, tra sociale e individualismo, tra gioco, culto, lotta e rappresentazione scenica, tutto si cancella”.
Tutto è presente nella danza : chi danza acquista potere magico che esprime vittoria, salute, vita, un legame mistico che unisce le tribù e il libero manifestarsi della propria individualità.
La danza in sé conserva l’unicità di essere un’arte dinamica dove si incontrano, interagiscono e si fondono la danza di Apollo, “chic” , bella, stabile, sicura di se stessa, aristocratica e quella di Dioniso, “libera”, spontanea, instabile, irrequieta, rustica, e solo nella sottile alleanza delle due si rivela, e si esprime colui che danza.

Fig. 1 – Matera. Museo D. Ridola , da Irsina. Frammento di cratere a campana lucano a figure rosse. Scena di danza dionisiaca. Pittore di Amykos. Circa 420 a.C.

Il dialogo con noi stessi e, in seguito con altre relazioni, è paragonabile alla connessione di un singolo dettaglio all’interno dell’intera opera d’arte. Osservando ad esempio un isolato piccolo frammento di cratere a campana (fig.1), a emozionarci e incantarci non è solo la sua unicità isolata ma, di riflesso, la sua capacità di spingerci ad immaginarlo nella sua completa, integra e armonica bellezza, (ovvero sia nel dettaglio sia come parte dell’intero cratere). Similmente, osservando ogni individuo e analizzando le aree che lo compongono (operativa, sociale, intellettuale, affettiva, motoria e organica), ne apprezziamo ogni singola e rara peculiarità, ma ne ammiriamo la sua complessa somma di tutte le componenti che concorrono a definire l’identità. In sintesi possiamo anche dire che la conoscenza è più soddisfacente e ricca se avviene in un rapporto dialettico tra dettagli e allargamento della visione verso la totalità, sia nell’opera d’arte sia nelle relazioni.Curt Sachs un etnomusicologo e organologo tedesco (1881-1959), nel testo “ storia della danza” scrive: la danza è madre delle arti. Musica e poesia si determinano nel tempo, le arti figurative e l’architettura nello spazio: la danza vive ugualmente nel tempo e nello spazio… In essa creatore e creazione, opera e artista, fanno tutt’uno.Anche un semplice movimento si genera dall’interazione di quattro fattori che lo compongono: spazio, tempo, peso e flusso (Rudolf Laban). La musica è arte più antica fra le arti e si esprime mediante i suoni, astratta per eccellenza ha costituito la prima fase del linguaggio umano. In essa riconosciamo i vari elementi che la compongono: il ritmo, elemento primario comune alla danza (definita il cuore della musica, carica energetica), la melodia (successione logica di suoni diversi, espressione del sentimento), l’armonia (successione logica di accordi che completa e ambienta la melodia) e il timbro (particolare qualità del suono che permette di distinguere due suoni con uguale frequenza o altezza). A lei diamo l’incredibile riconoscimento di saper connettere persone e unire individui. La musica è fare gruppo, essere in squadra, raccolti e coesi, come nelle orchestre e nei concerti. La musica accompagna momenti tristi, felici, solitari, ci aggrega e contribuisce a renderci più forti e sereni. Proprio in questo periodo di lockdawn, i cori e le melodie dei balconi ci hanno incoraggiato e scaldato il cuore. Nel cinema poi, definita la settima arte in quanto raggruppa tutte le precedenti, proiettandole su uno schermo, le connessioni si attivano a più livelli amplificando lo spazio e il tempo emozionale, oltre la visione ed aprendo nuovi possibilità dialogiche sia con noi stessi sia in una discussione a posteriori. Dalla completa sinergia delle arti: danza, mimo, canto, pittura e scultura nasce il teatro totale che vuole riscoprire il senso della comunicazione artistica. Il teatro totale rinuncia ai codici classici e ne adotta altri, diversi, supera il limite della parola scritta che passando in secondo piano, lascia spazio al gesto e all’azione. Nel teatro totale i costumi, le luci, le immagini, i suoni, sono parte integrante dell’opera, non sono solo semplici ed importanti accessori. In scena il “danzattore” poliedrico, non si identifica più nel personaggio ma diventa il performer. E’ evidente la funzione educativa e formativa di questi preziosi strumenti che, in ogni campo concorrono a creare la sinergia del lavoro interdisciplinare. Saper dialogare vuol dire lasciare testimonianze, sia come tracce reificate, sia come costruzione di valori e pensieri che esprimono il nostro desiderio di continuità oltre il limite (eterna diade vita-morte).

 

 

Bibliografia
AA.VV., Saggi e articoli
D. Dupuy, La seggezza del danzatore, Mimesis/Eterotopie (2014)
B. Edvards, Disegnare con la parte destra del cervello, Longanesi (1982)
W. Kandinsky, Lo spirituale dell’arte, Edizione Bompiani (1993)
E. Lonero D. Pacelli, La settima arte: lezioni d’autore, Edizione Studium (2005)
V. Ottolenghi, L’enigma, l’estro, la grazia, Mimesis/Eterotopie (2014)
F. Pedroni, Alwin Nikolais, L’Epos (2000)
C. Sachs, Storia della danza, Il saggiatore, Net (2006)

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La Notte Bianca 2013 _ Palazzo Lanfranchi

Arti-col-azioni

Performance all'intero della Notte Bianca 2013

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Un Cuore Pensante

UN CUORE PENSANTE

sabato 26 gennaio 2013 ore 21.00 Teatro Duni Matera

liberamente ispirato ai “Diari” e alle “Lettere” di Etty Hillesum

26 gennaio 2013 ore 21.00 Teatro Duni di Matera

Uno straordinario viaggio interiore la cui invisibile trama è tessuta dalle parole di Etty Hillesum, giovane ebrea olandese, morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943.
Mentre in tutta Europa si consuma il dramma del sistematico sterminio degli ebrei, Etty racconta con grande intensità le sue relazioni d’amicizia e d’amore, le passioni, ma anche le paure, le angosce e il degrado del mondo intorno a lei, in un’incessante ricerca dell’essenziale, del veramente umano contro l’inumanità che la circonda.

Sulla scena la figura di Etty si sdoppia: Etty-anima ricorda, racconta, esprime il suo ricchissimo mondo interiore; Etty-corpo agisce, ama, incontra e osserva con uno sguardo terso e umanissimo; entrambe sono in scena, con una presenza intensa, disarmante.

Il teatro, la danza e le musiche, in parte brani tratti dal meraviglioso repertorio della canzone yiddish e in parte scritte per questo spettacolo, eseguite dal vivo dal Freilach Ensemble, si incontrano per raccontare il personalissimo cammino interiore  della protagonista.

La compagnia “AttraVerso teatromusica” nasce nel 2011 dalla collaborazione dell’Associazione “La Fenice”, impegnata da anni nello studio della danza creativa e più recentemente nella sperimentazione del teatrodanza, con il “Freilach Ensemble”, che studia e approfondisce il repertorio della tradizione Klezmer e della canzone yiddish.

La Compagnia “attraVerso teatromusica”

 

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L’arte della guerra

Sunzi disse:

“Gli abili guerrieri dell’antichità agivano innanzitutto in modo da non poter essere vinti, e attendevano il momento in cui poter vincere il nemico. Dal momento che l’invincibilità dipende da noi stessi e che il suo opposto dipende dall’avversario, gli abili guerrieri possono rendersi invincibili ma non possono far si che il nemico sia sicuramente sconfiggibile.

Da qui il detto: ” La vittoria è prevedibile, ma non sicuramente attuabile”.

Opere Cinetiche

L’invincibilità sta nel sapersi difendere, e la possibilità di vincere sta nel saper attaccare. Ci si difende quando le forze sono insufficienti, e si attacca quando sono sovrabbondanti…..”

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Passi nell’Arte

"Blu I"Prove per il saggio “Passi nell’Arte” –  2010

Coreografia “Blu I” – Joan Mirò

 

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La Danza Moderna

Diceva Martha Graham lo strumento attraverso il quale la danza si esprime è anche lo strumento attraverso il quale la vita è vissuta: il corpo umano primo fondamentale strumento percettivo e di conoscenza di se stessi.


 

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